IL PESO DELLE ASPETTATIVE
Beato colui che non si aspetta nulla perché non sarà mai deluso.
(Alexander Pope)
La delusione è uno stato d’animo di tristezza, provocato dalla mancata realizzazione delle proprie aspettative, dalla constatazione che le speranze coltivate non hanno riscontro nella realtà. Sensazione che conosciamo tutti molto bene. La mia pratica professionale mi porta a rilevare che la maggior parte della sofferenza delle persone deriva dalle aspettative. Queste, sommate nel corso della propria esistenza, assumono un enorme peso. Come un macigno più grande di se stessi da portarsi sempre addosso. Ma qual è il meccanismo sottostante a questo peso?
Iniziamo a crearci aspettative da quando nasciamo: il neonato che piange si aspetta (senza rendersene ancora conto) che qualcuno lo sfami e che soddisfi tutti i suoi bisogni primari. Crescendo, si abitua al fatto che dipende da qualcuno per la realizzazione delle sue necessità, alle quali si aggiungono, molto presto, i suoi desideri. In questo modo alimenta la sua aspettativa che, chi finora ha soddisfatto i suoi bisogni, continui a farlo anche con i suoi desideri. Questo processo, se è naturale fino ai primi anni di vita, in seguito spesso si trasforma in una pretesa. Durante la crescita, l’individuo applica questo meccanismo a molti ambiti della propria vita. Ma c’è una cosa che, a questo punto, il più delle volte sfugge alla nostra consapevolezza: i responsabili delle nostre aspettative siamo noi. E, di conseguenza, siamo anche i responsabili delle nostre relative delusioni. Per fare degli esempi, siamo noi che ci illudiamo, semplicemente perché lo desideriamo, che il nostro matrimonio durerà felicemente per tutta la vita. Che avremo successo nel nostro lavoro. Che i nostri figli cresceranno sani e responsabili, proprio come ce li siamo immaginati quando abbiamo deciso di costruire una famiglia. Che gli altri cambieranno per noi, perché così come sono ci fanno soffrire. Insomma, che il soddisfacimento dei nostri desideri continuerà a dipendere da qualcun altro e non da noi stessi.
E’ facile illudersi, come ci suggerisce Demostene, perché l’uomo crede vero ciò che desidera. Ma questa è un’ideazione. Pura fantasia. La realtà è diversa. L’idea per noi è più importante del fatto reale. Il concetto di ciò che uno dovrebbe essere ha più significato di ciò che uno è. Il futuro è sempre più allettante del presente. Così noi stessi ci creiamo una contraddizione fra “ciò che è” e “ciò che dovrebbe essere”, alimentando, in questo modo, un conflitto fra la realtà e l’illusione. Prediligiamo l’illusione, perché è più attraente, più gestibile e più rassicurante della realtà. Così ci attacchiamo ad essa. Attraverso i nostri autoinganni, facciamo diventare l’illusione reale e il reale un’illusione. L’idea/illusione offre maggior soddisfazione di quanta non ne offra la realtà. Nel momento stesso in cui ci creiamo un’illusione, è come se la stessimo, in qualche modo, già vivendo. E’ una “realtà inventata” da noi, che comunque ci crea degli effetti concreti. Effetti che però, in questo modo, andremo a subire. Infatti, è solo quando questa realtà deve essere affrontata che questo meccanismo si spezza. Solo quando la nostra realtà ci riporta ad essa, ci rendiamo conto di essere degli illusi-delusi. Che le cose non sono come desideravamo che fossero. Solo allora, forse, ci rendiamo conto di essere stati i responsabili delle nostre illusioni. Solo quando, purtroppo, ci sentiamo delusi.
Come fare, dunque, per evitare di alimentare questo modello disfunzionale? Si potrebbe provare ad assumere il punto di vista del “disilluso”, ovvero di colui che si è privato delle proprie illusioni. Il disilluso agisce, nella propria vita, tendendo autonomamente alla realizzazione dei suoi desideri e bisogni, senza aspettarsi che altri lo facciano per lui, al suo posto. Se poi, oltre a questo, arriva qualcosa di inaspettato da parte degli altri, sarà ben contento di riceverla. Altrimenti, va bene ugualmente, perché non si è messo nella condizione di provare dolorose delusioni creandosi illusioni e aspettative che riguardano la volontà altrui. Utilizzando le parole di Abraham Maslow: “Per non soffrire delusioni nei riguardi della natura umana, dobbiamo cominciare col rinunziare alle nostre illusioni rispetto ad essa”.
Giovanna Rosciglione