La coerenza a tutti i costi? “Walk the talk”…
“Walk the talk” è un’espressione americana che indica l’intenzione di essere coerenti con quanto si dice. Si è soliti pensare alla coerenza come a una caratteristica positiva di una persona mentre l’incoerenza viene considerata, al contrario, un aspetto negativo. Ci piace pensare di essere “razionali”, di essere guidati, nella gestione della nostra vita, prevalentemente dalla razionalità. E questo avviene, in effetti, finché non abbiamo a che fare con le nostre emozioni. Pensare di essere coerenti in questi casi significa credere di poter sopraffare le nostre emozioni e dominarle. In realtà, avviene il contrario. Quante volte le nostre emozioni e le nostre sensazioni ci fanno pensare e dire delle cose senza, però, riuscire a mantenere una coerenza con ciò che pensiamo e diciamo? Lo stesso processo del nostro pensiero è una contraddizione, vogliamo e non vogliamo, amore e odio spesso si susseguono. A chi non è mai capitato di sentire in un certo momento che amiamo qualcuno e magari, successivamente, proviamo odio, “lo amo e lo odio”? Come quando prima desideriamo una cosa ma poi la temiamo. O ancora, quando pensiamo sia giusto agire in un modo però poi facciamo il contrario. Sono tutti esempi di contraddizione che, più o meno, abbiamo sperimentato tutti.
Perché esiste questa contraddizione? Perché la contraddizione è implicita nella nostra natura. La storia dell’uomo nasce con la dimostrazione dell’esistenza della contraddizione come una delle caratteristiche principali dell’essere umano. Adamo ed Eva non sono riusciti a rimanere coerenti, con le azioni, alle loro intenzioni, rispetto al volere di Dio. Arrivando ai giorni nostri, anche secondo Gregory Bateson, per una persona essere in contraddizione è una regola e non un’eccezione. Vediamo come mai. Ognuno di noi è costituito da “molti”, non da uno solo. I “molti” che sono in noi sono in conflitto tra loro perché ci sforziamo di imporre uno su tutti gli altri. Non riusciamo sempre ad avere la visione d’insieme di noi stessi, non siamo consapevoli del tutto, ma della parte dell’uno che, di volta in volta, emerge. Dovremmo invece imparare a comprendere e accettare la composizione dei molti che siamo. La nostra struttura psichica, il cosiddetto ”Io”, per sua stessa natura, è contraddittoria, in quanto si compone di molte entità diverse, ognuna in contrasto con le altre. L’intera struttura dell’Io è il risultato di interessi e valori contradditori, di molti desideri differenti a vari livelli. E questi desideri generano tutti i loro opposti. L’io è un insieme di desideri complessi, ognuno dei quali, avendo il suo impulso e il suo fine, spesso è in opposizione agli altri. Così, all’interno della struttura dell’Io, la contraddizione è inevitabile. A tal proposito, Fernando Pessoa rende bene l’idea, a mio avviso, scrivendo: “Mi sento multiplo. Sono come una stanza dagli innumerevoli specchi fantastici che distorcono in riflessi falsi un’unica anteriore realtà che non è in nessuno ed è in tutti”.
Vediamo ora cosa significa essere coerente. Essere coerente significa essere senza pensiero. Significa seguire un modello di condotta ideale, imposto. Significa obbedire a un’”autorità”, esterna o interna a noi, sostituendo il pensiero. Perché fare ciò è più rassicurante che rischiare di pensare. La maggior parte di noi cerca un modo di vivere comodo, in cui vi sia almeno una certa sicurezza psicologica. La coerenza offre sicurezza e certezza o, meglio, offre l’illusione di una sicurezza ed è per questo che noi ci attacchiamo ad essa con tanto accanimento. L’ideale è imposto dall’ambiente, è il frutto del nostro condizionamento. Se non ci fosse un ideale da cui deviare, non ci sarebbe contraddizione con la sua spinta a essere coerenti. Ci sarebbe soltanto azione. Poiché la vita è in costante movimento, la contraddizione sorge nell’istante in cui ci sforziamo di far combaciare la nostra realtà a un modello fisso, ideale. E’ la conformità a un modello che disintegra l’individuo e lo fa smettere di evolvere. E nel tentativo di essere diversi da ciò che siamo, coltiviamo la contraddizione. La paura di ciò che siamo genera l’illusione del suo opposto e, nel perseguire il suo opposto, speriamo di sfuggire alla paura. Ma tutti gli opposti contengono elementi dei loro stessi opposti. E la ricerca di coerenza non fa che rendere più confusa la contraddizione. Soltanto l’integrazione di tutte le parti di cui siamo composti porta la libertà dalla coerenza e dalla contraddizione. Ovvero, la loro accettazione. L’integrazione non è conformarsi a un dato modello. L’integrazione è lasciare che le nostre diverse sfaccettature emergano a seconda delle circostanze, imparando ad accettare ciò che siamo di momento in momento, a conoscerci nel movimento delle nostre “alternanze”. Altrimenti, noi possiamo nascondere la contraddizione, o non renderci conto della sua presenza, ma essa è lì, pronta a travolgerci. Più cerchiamo di essere coerenti con ciò che vorremmo essere, meno ci riusciamo. Cercare di eliminare l’incoerenza è un’impresa impossibile. Conviene prima accettarla, come una parte di noi. Solo così possiamo imparare a gestirla per non subirla più. Per non subire più noi stessi. E ricordandoci sempre, parafrasando Sartre, che anche se non sempre facciamo quello che vogliamo, siamo comunque responsabili di ciò che siamo.
Giovanna Rosciglione